Henryk Sienkiewicz, autore di Bartek, è l’autore del Quo Vadis, premio Nobel e uno degli scrittori più venduti del secolo scorso. Ma oltre alle grandi visioni storiche e religiose, è capace anche di racconti drammatici come questa novelette.
Drammatico, ma non privo di umorismo e di spunti satirici. Bartek è un contadino polacco di membra erculee e meningi nanette. Nel 1870, la Prussia si scontra con l’Impero francese; c’è la coscrizione obbligatoria e i polacchi della regione di Poznań devono partire, in treno. Anche Bartek parte, e nella guerra si copre di gloria.
Al ritorno crede di essere diventato importante; ma così non è: resta sempre un esponente di una minoranza nazionale che Bismarck, con la sua Kulturkampf, vuole assimilare o estirpare. Bartek il Trionfatore si tramuta in Bartek il Perseguitato. Anche perché la guerra l’ha cambiato, in peggio.
Paolo Brera
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Paolo Brera è nato nel secolo scorso, non nella seconda metà che sono buoni anche i ragazzini, ma nell’accidentata prima metà, quella con le guerre e Charlie Chaplin. Poi si è in qualche modo trascinato fino al terzo millennio. Lo sforzo non gli è stato fatale, ma quasi, e comunque potete sempre aspettare seduti sulla riva del fiume. Nella sua vita ha fatto molti mestieri, che a leggerne l’elenco ci si raccapezza poco perfino lui: assistente universitario di quattro discipline diverse (storia economica, diritto privato comparato, economia politica e marketing), vice export manager di un’importante società petrolifera, consulente aziendale, giornalista, editore, affittacamere e scrittore. Ha pubblicato una settantina di articoli scientifici o culturali, tradotti in sei lingue europee, due saggi (Denaro ed Emergenza Fame, quest’ultimo pubblicato insieme a Famiglia Cristiana), due romanzi e una trentina di racconti di fantascienza, sei romanzi e una decina di racconti gialli, più un fritto misto di altri racconti difficili da definire. Negli ultimi anni si è scoperto la voglia di tradurre grandi autori, per il piacere di fare da tramite fra loro e il pubblico italiano. Questo ha voluto dire mettere le mani in molte lingue (tutte indoeuropee, peraltro). Il conto finora è arrivato a quindici. Non è che le parli tutte, ma oggi c’è il Web che per chi lo sa usare è anche un colossale dizionario pratico. L’essenziale è rendere attuali questi scrittori e i loro racconti, sfuggire all’aura di erudizione letteraria che infesta l’accademia italiana, e produrre qualcosa che sia divertente da leggere. Brera ci ha provato.