Doganiere e scrittore. In entrambi i casi, una vita al confine. Incontriamo Angelo Marenzana, autore di noir storici, dagli anni della Seconda Guerra Mondiale a quelli della contestazione. Ma anche di numerosi racconti e romanzi contemporanei. Alessandrino, alla dogana sta ormai da quarant’anni: «Ed è stata la mia professione consumata per 22 anni in un posto di frontiera – dice – di quelli dalle notti eterne e solitarie, un po’ leggendario e magari romanticamente letterario, a risvegliare un mio desiderio coltivato fin di adolescente ma sempre represso, cioè la voglia di saltare il fosso da appassionato lettore quale sono sempre stato a scrittore. Così, da quel luogo al confine del mondo, mi è arrivata la spinta decisiva e ho raccolto i miei primi tre racconti (un po’ noir e un po’ d’atmosfera) in un’antologia dal titolo significativo Frontiere, pubblicato con l’indimenticabile quanto coraggioso Guido Leotta, editore Mobydick nel 1999. In questi lunghi racconti, partendo da spunti reali offerti proprio da vicende legate alla mia presenza in dogana, mi sono concesso la libertà di smuovere il mio immaginario e condurre la vicenda lungo i binari a me più congeniali. Da allora, l’idea di partire da un dato di realtà storica ma senza necessariamente persistere nei canoni del romanzo storico, è la base di tutto il mio percorso di scrittore, come dimostra anche il racconto La casa di Hilde o il prossimo ebook Lungo la via del sale in uscita con l’editore Algama a ridosso delle festività natalizie».
Perché il romanzo storico?
«La scelta di raccontare storie del passato è dovuta anche al fatto che mi sento un po’ estraneo in questo nostro presente. Lo trovo impalpabile, freddo, esasperato dal mondo tecnologico che ha avuto il sopravvento su ogni anfratto della nostra vita quotidiana e con il quale, inevitabilmente, qualunque autore che si occupa di storie noir, è costretto a farci i conti. Senza escludere gli intrighi di malavita organizzata, le speculazioni e gli intrighi finanziari, l’uso d armi sofisticate e in rapida evoluzione, oltre al loro diversi linguaggi sconosciuti ai più. Così ho scelto di abbandonarmi al riparo delle atmosfere un po’ retro e tra le pieghe della storia del secolo scorso cercando sollievo in qualche riflessione su un periodo recente della storia che ancora non ha sanato tutte le sue ferite passate ma che resta capace di influenzare ancora comportamenti attuali».
Cos’è il passato?
«Mi piace definirlo “lo scrigno dei ricordi”. Come nel caso de L’Uomo dei Temporali (edito da Rizzoli), e pure nel prossimo romanzo (dal titolo Alle spalle del cielo, in uscita a febbraio per Baldini e Castoldi) la mia fonte è innanzitutto un evento storico specifico attorno a cui far ruotare una trama investigativa. A questo evento si intrecciano ricordi personali, ovvero le mille chiacchiere, aneddoti, e storie raccontatemi nel tempo da parenti e conoscenti che hanno vissuto in prima persona gli anni che ho scelto di raccontare. Chiacchiere e personaggi che da soli possono creare un’atmosfera. E’ sempre necessaria qualche verifica dei fatti storici e di costume giusto per non uscire troppo dai binari della verosimiglianza. Poi l’immaginazione, di solito, aiuta a cucire insieme il tutto e a trovare una trama che (nel mio caso) si basa più su atmosfere e ambiente che non sull’intreccio criminale. O, come nel caso dell’ebook La scelta del Caporale, (sempre con l’editore Algama) si fanno strada i momenti del mio passato di universitario in una Genova dei primi anni settanta squassata delle prime prove del terrorismo brigatista. O come Piedra Colorada (una mia divagazione nel mondo dell’horror pubblicato nella trilogia Solo il mare intorno da Neropress, insieme a due maestri del genere quali Danilo Arona e Luigi Milani) dove l’immaginario orrorifico prende spunto dal tragico evento della rivolta nel carcere di Alessandria nel maggio 1974».
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