Sono passati ben 71 anni dalla presa del Führerbunker da parte delle truppe sovietiche, ma ancora oggi non si sa che fine abbiano fatto i resti carbonizzati di Hitler ed Eva Braun. Come è noto Stalin smentì il generale Zukov, che aveva dato notizia del suicidio, affermando che Hitler era fuggito. Per evitare ogni postuma indagine da parte degli Alleati, ordinò di fare scomparire ogni traccia della presunta fine di Hitler, fece quindi minare e saltare in aria il Führerbunker. Per quanto riguarda i testimoni fatti prigionieri furono trasferiti a Mosca nelle prigioni dei servizi segreti e di loro non si seppe più nulla sino alla liberazione dei superstiti dopo la morte del dittatore.
Sull’intera vicenda calò una cappa di assoluta segretezza durata per sessant’anni. Durante questo lungo periodo i sovietici, pressati dalla stampa internazionale, fornirono solo qualche brandello di verità, spesso contraddicendo ciò che avevano dichiarato in precedenza. Nel 1968 affermarono di poter dimostrare che Hitler sarebbe morto nel bunker. Sostennero di avere trovato nel 1945 i corpi semi carbonizzati di Hitler e della Braun, ma si rifiutarono di spiegare che fine avevano fatto tali resti. Solo dopo qualche decennio rivelarono di averli sotterrati in un complesso militare a Mandeburgo, nella Germania orientale.
Poi a sorpresa, nel 1993, il governo della Federazione Russa annunciò che a Mosca erano custodite le prove della morte di Hitler. Tra i reperti conservati: un divano macchiato del sangue del dittatore, una parte della sua mascella e una parte del cranio con un foro di proiettile. Occorre tuttavia attendere lo sgretolamento dell’impero sovietico prima che qualche sopravvissuto dei Servizi si faccia avanti per svelare parte di quei segreti che aveva così gelosamente custodito per tanti anni, pena l’invio in un gulag o davanti al plotone d’esecuzione. Solo di recente un agente del KGB in pensione ha rivelato l’odissea dei presunti resti di Hitler ed Eva Braun scoperti il 2 maggio 1945 dagli agenti segreti di Stalin.
Il dittatore sovietico ordinò che fossero seppelliti in un luogo segreto e sicuro. Gli uomini dell’NKVD (il servizio antesignano del KGB) sistemarono i resti in una scatola di munizioni e li seppellirono nel giardino del loro comando. Quando cambiarono base, temendo che qualcuno potesse trovarli, dissotterrano la cassa e la portarono con loro. Nel corso degli anni i macabri resti furono riesumati e risepolti per ben otto volte. Nel 1970 il capo del KGB ordinò di recuperarli un’ultima volta e distruggerli definitivamente. I resti furono bruciati e le ceneri gettate nella fogna.
Non esistono però tuttora conferme ufficiali sugli altri misteri che circondano il Führerbunker. Primo fra tutti l’esistenza di passaggi segreti che avrebbero potuto permettere a Hitler di fuggire superando le linee di sbarramento sovietiche che circondavano l’intera area della Cancelleria. All’epoca circolavano voci che dal Führerbunker partissero tunnel sotterranei segreti tanto profondi da passare sotto la Sprea, il fiume che attraversa Berlino, per poi sbucare lontano dal centro cittadino.
Si mormorava anche (un cadavere ritrovato nei giardini della Cancelleria lo confermerebbe) che Hitler avesse a sua disposizione alcuni sosia, uomini senza passato e senza futuro, “costruiti” dall’SD, come automi votati solo alla causa del capo supremo e pronti a morire al suo posto. La scoperta dei condotti e dei cadaveri dei sosia (si dice che i russi ne trovarono altri) potevano avere convinto il sospettoso e diffidente dittatore sovietico che il suicidio di Hitler fosse tutta una messa in scena. I maghi dell’inganno del servizio segreto della SS potevano benissimo, nel loro maniacale perfezionismo, avere “creato” un sosia identico all’originale anche nelle otturazioni dei denti.
Per quanto poi riguarda Hitler, è innegabile che il personaggio era uno straordinario istrione e un commediante nato. Poteva benissimo avere recitato negli ultimi tempi la parte del dittatore vecchio, malato e votato alla morte, traendo in inganno persino la sua compagna, vera unica vittima di tutta la messa in scena. Si potrebbe obiettare che per mettere in atto un simile diabolico piano occorreva una straordinaria organizzazione ultra segreta, ma anche questo nel Terzo Reich dei misteri non era un problema.
Solo recentemente affiorano dagli archivi secretati delle potenze vincitrici documenti che comprovano come potenti gerarchi del Partito quali il Reichsleiter Martin Bormann e l’Obergruppenführer Ernst Kaltenbrunner – il cinico e pragmatico segretario del Partito e il massimo responsabile dell’insieme delle polizie naziste raggruppate sotto lo RSHA -, avessero attentamente pianificato la fuga loro e dei propri accoliti verso lidi sicuri, gettando le base per la tuttora misteriosa organizzazione O.D.E.S.S.A (Organisation der Ehemaligen SS Angehörigen, ovvero Organizzazione degli ex membri delle SS) che avrebbe consentito nel dopoguerra a tanti criminali nazisti di espatriare negli ospitali Paesi del Sud-America. L’Odessa avrebbe potuto benissimo occuparsi e pianificare la fuga del capo supremo, prima di fare altrettanto con i suoi gregari.